QUANDO LA CLASSE NON HA ETA'. IBRAHIMOVIC HA GIA' CAMBIATO IL MILAN.

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Effetto Ibrahimovic. Si era già intravisto nei 35 minuti di Milan-Sampdoria, quando la sola presenza dello svedese aveva creato preoccupazione tra i difensori blucerchiati e ogni pallone toccato dall'attaccante si trasformava in occasioni da gol. Nonostante le 38 primavere e nonostante l'ultima partita giocata da titolare risalisse al 25 ottobre, derby di Los Angeles.
La sola presenza in campo è stata un'iniezione di autostima a tutta la squadra. Primi minuti con pochissimi palloni toccati, problema ormai annoso per qualsiasi centravanti rossonero. Ha arretrato il baricentro, andandosi a prendere la palla, avviando la manovra e duettando con i compagni di squadra. Ha sfiorato il gol alla prima occasione, ha colpito alla seconda. Avrebbe persino fatto una doppietta: gol annullato per fuorigioco, sarebbe stata l'apoteosi.
Il problema, da anni, di questo Milan è l'assenza di una figura carismatica e in grado di spostare gli equilibri. Ibrahimovic è tutto questo e poco importa che abbia 38 anni, perché questo Ibra è ancora di gran lunga il miglior giocatore della rosa dei rossoneri. Con la rete segnata oggi a Cagliari è arrivato a segnare in quattro decenni diversi (primo gol il 30 ottobre 1999 con la maglia del Malmo), ritrovando la rete in Serie A dopo 2806 giorni. L'ultima volta fu una doppietta in un derby perso contro l'Inter che consegnò aritmeticamente alla Juventus il primo di otto scudetti consecutivi. Fu l'inizio della fine del Milan, entrato in una parabola discendente senza fine. È stato richiamato al capezzale di un paziente malato, in condizioni ben peggiori rispetto al suo arrivo nel 2010: già allora arrivò da salvatore della patria in una squadra che da anni non vinceva il campionato. Condusse i rossoneri al titolo al primo colpo. Per quest'anno riportare in Champions il Milan è impossibile e anche l'Europa League è improbabile. Ma la sua presenza può far crescere un gruppo giovane e magari attirare qualche campioncino, attratto dalla possibilità di giocare al suo fianco.